Dopo Marconi



Le prime trasmissioni radiofoniche risalgono agli anni ‘20. 
Gli anni dal 1925 al 1950 sono a volte chiamati “l’età d’oro della radio”: 
notiziari, spettacoli di varietà, programmi musicali sceneggiati ed interviste riempirono l’etere. 
Dagli anni ’30 la radio divenne di uso comune per le polizie, le forze armate e le linee aeree per passeggeri che allora si andavano moltiplicando.

La Radiotelefonia in Italia: dalla SIRAC alla RAI
Di servizi radiofonici si comincio' a parlare in Italia fin dal 1910, nell'ultimo scorcio dell'eta' giolittiana. L'Italia stava conoscendo la sua prima rivoluzione industriale e sembrava che anche in questo nuovo campo delle comunicazioni si potesse passare in un breve giro di tempo dalle esperienze pionieristiche all'organizzazione di strutture operative a carattere commerciale. Ma lo scoppio della prima guerra mondiale e poi le crisi di riconversione post-bellica troncarono a meta' alcuni progetti in corso e bloccarono l'attuazione delle norme legislative in materia che il Parlamento aveva varato nel frattempo. Di fatto, soltanto dopo l'avvento del fascismo, nell'ambito piu' generale della revisione della politica economica intrapresa dal Ministro della Finanza Alberto de' Stefani, la questione torno' d'attualita', senza peraltro che essa trovasse una soluzione immediata.
A disputarsi la concessione del servizio radiofonico erano infatti una mezza dozzina di imprese: dalla Italo-Radio, con capitali francesi e tedeschi garantiti dalla Banca Commerciale, la societa' Radiofono, nata con la partecipazione di alcune aziende appartenenti all'industria radioelettrica; dalla FATME alla ALLOCCHIO-BACCHINI, dalla PEREGO (controllata dalla Compagnia Marconi, fortemente protetta dal Ministro Costanzo Ciano) alla Societa' Italiana Radio Audizioni Circolari (SIRAC) nata con lo scopo di assicurare il mercato italiano agli apparecchi radioriceventi costruiti dall'americana Western Electric.
Alla fine furono la Radiofono e la SIRAC a spuntarla: dalla loro fusione nacque a Roma, il 27 agosto 1924, l' Unione Radiofonica Italiana (con un capitale sociale di 1.400.000 lire sottoscritto per quasi l'85% dalla Radiofono); all'U.R.I. il governo accordo' la concessione esclusiva dei servizi di radioaudizioni circolari per la durata di sei anni, prorogabile per altri quattro. Presidente della societa' venne nominato Enrico Marchesi, che proveniva dalla Fiat, dove aveva ricoperto per parecchi anni l'incarico di direttore amministrativo, vice presidente Luigi Solari, molto vicino agli interessi di Guglielmo Marconi.
Due mesi dopo, il 6 ottobre 1924, da una sala di Palazzo Corrodi a Roma, prese il via un regolare servizio di radiotrasmissioni circolari limitato peraltro a qualche ora di programma serale. In effetti l'esordio della radio in Italia avvenne quasi in sordina.
L'industria radiofonica nacque con un certo ritardo rispetto a quella di altri paesi occidentali, ed il ricorso al proncipio di concessione in esclusiva era dovuto solo in parte a ragioni di opportunita' politica. Le difficolta' economiche ed in particolare la scarsita' di capitali disponibili sul mercato da investire in un settore dall'avvenire ancora incerto, ebbero un peso assai piu' decisivo nel determinare l'adozione del regime di monopolio. D'altra parte, tranne la stazione trasmittente di Roma sorta in piena campagna, la rete nazionale era ancora tutta da realizzare. Ci vollero due anni per impiantare le stazioni di Milano e di Napoli e poi altri tre anni peerche' entrassero in funzione anche quelle di Bolzano, Genova e Torino.

Ma la prima stazione trasmittente nazionale a grande potenza, quella di Roma-Santa Caterina, venne realizzata soltanto nel 1930, anno in cui vide la luce anche il Laboratorio Ricerche di Torino. Nel corso di questo primo periodo di attivita' il numero degli abbonati rimase esiguo: non piu' di 27.000 nel 1926, circa il doppio nel 1928 (quando in Germania, per esempio, si aggiravano gia' sui due milioni). La radio era considerata un oggetto di lusso: ben pochi potevano affrontare la spesa di un apparecchio, anche per i modelli meno eccentrici, ed il canone di abbonamento annuo che, sommato insieme alle tasse di iscrizione e ad altri oneri, equivalevano pressappoco allo stipendio medio mensile di un impiegato. D'altro canto, le ore di trasmissione erano poche, concentrate nel tardo pomeriggio ed alla sera, ed erano riempite prevalentemente di registrazioni musicali, da qualche commedia e da brevi notiziari.
Dal 1928 avevano fatto la loro prima comparsa le cronache sportive in diretta ma queste ed altre iniziative rivolte ad allargare i programmi ed a renderli piu' popolari (attraveso la registrazione di brani lirici e di operette, la messa in onda ballabili, di canzonette di musica leggera, la trasmissione di rubriche particolari di varieta' e di giochi, e cosi' via) non riuscirono a raggiungere gli scopi che si prefiggevano D'altra parte,la "grande crisi" del 1929 si abbatte' anche sull'Italia con effetti disastrosi sia sull'occupazione sia sul potere di acquisto dei ceti popolari. Solo quando le conseguenze della sepressione economica cominciarono a diradarsi, gli indici dell'utenza divennero piu' consistenti: alla fine del 1931 si contavano 242.000 abbonati ed il pubblico degli ascoltatori risultava composto non soltanto piu' da una ristretta elite ma da piu' ampi strati di piccola e media borghesia.
Nel frattempo, dal novembre 1927, l'URI si era trasformata in EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche). Enrico Marchesi, al quale era mancato l'appoggio della Fiat (titolare di una consistente partecipazione azionaria nell'URI e poi nell'EIAR), ebbe il merito di realizzare alcune strutture portanti dell'industria radiofonica, su cui negli anni successivi fu possibile realizzare un progressivo ampliamento sia dei programmi, sia degli utenti. Sotto la sua gestione, e con la Direzione Generale affidata a Raul Chiodelli, venne intrapresa la costruzione del Centro di Produzione radiofonico di Roma, che, portata a compimento nel dicembre 1931, consenti' di ospitare, insieme agli uffici della Direzione Compartimentale, sette auditori e servizi ausiliari; a lui si deve anche la creazione, fin dall'ottobre del 1926, della SIPRA (Societa' Italiana Pubblicita'Radiofonica) con un capitale ripartito tra URI, SIRAC ed un gruppo di imprenditori milanesi, fra cui spiccavano i nomi dell'ingegnere Allocchio, costruttore di apparecchi radio, e dell'editore Arnoldo Mondadori. Ma l'esercizio dell'attivita' sociale non avrebbe potuto continuare se non fossero intervenuti dei massicci finanziamenti pubblici.Cosa che avvenne appunto con la fondazione dell'EIAR, un ente speciale a capitale privato con nuove strutture di grandi dimensioni, a cui lo Stato assicuro' in concessione per 25 anni l'esclusiva del servizio di radioaudizioni, oltre a vari incentivi per il potenzialmento tecnico degli impianti trasmittenti.
A Marchesi subentro' nel novembre 1934 Giancarlo Vallauri, presidente della SIP, che un anno prima, nel 1933, era diventata proprietaria della maggioranza azionaria della societa'. Quella che fu definita la piemontesizzazione" dell'EIAR rimase pertanto anche nei primi anni '30 una caratteristica dell'aspetto aziendale e dell'immagine della societa' radiofonica italiana. Nel 1929 gli studi e gli uffici amministrativi dell'EIAR di Torino vennero trasferiti al Palazzo dell'Elettricita', sede della SIP e, due anni dopo, sempre la SIP incorporava la Societa' per le IndustrieElettrotelefoniche di Torino (SIET), azionista di maggioranza di una societa' produttrice di apparecchi radio e specializzata nella sistemazione di cavi telefonici.


Questo particolare tratto distintivo d'impronta subalpina venne stemperandosi negli anni successivi: non soltanto per l'apertura della nuova sede di via Asiago a Roma (che ospitava cinque nuovissimi auditori) e, poi, per le operazioni di risanamento finanziario che portarono al passaggio dellaSIP sotto il controllo dell'IRI, ma soprattutto per l'intervento assai piu' diretto del regime fascista nello sviluppo dei servizi radiofonici in funzione dei suoi particolari obiettivi politici. Mussolini, che all'inizio non aveva mostrato molto interesse alla radio, s'era reso conto con il tempo, anche per la vasta risonanza che alcune trasmissioni radiofoniche avevano suscitato in altri paesi, dell'importanza che il nuovo mezzo di comunicazione avrebbe potuto rivestire per l'azione propagandistica del regime. Dalle 6196 ore di trasmissione del 1927 si era passati alle 15.768 del 1929 e alle 43.723 del 1934. 
La potenza complessiva d'antenna degli impianti (di pari passo con il loro sviluppo su tutto il territorio nazionale fino ai maggiori centri trasmittenti di Santa Palomba e di Prato Smeraldo) era cresciuta da 1,7 kW del 1924 a 187,5 kW del 1932.
Per ampliare l'area di ascolto, che continuava ad essere limitata al ceto medio urbano delle regioni centro-settentrionali, il Governo provvide a che fossero installati numerosi apparecchi, con relativi altoparlanti, in tutte le sedi delle organizzazioni di partito (a cominciare dalla Case delFascio), nei dopolavori, nelle scuole, negli uffuci, nelle caserme, nei principali ritrovi pubblici. Per raggiungere i ceti contadini si diede vita persino ad un Ente radio rurale. Questo vasto piano di diffusione dei posti d'ascolto assicuro' al regime fascista ampie possibilita' di pianificazione del consenso e di mobilitazione psocologica delle masse, come risulto' evidente in particolare durante la guerra d'Etiopia tra il 1935 e il 1936 e, successivamente, in occasione dell'intervento italiano nella guerra civile in Spagna a fianco delle forze franchiste. D'altra parte, per rendere permanente l'opera di persuasione ed indottrinamento totalitario attraverso i canali radiofonici, venne stabilito con un Decreto Legge del 26 settembre a935 (converito nella legge 9 gennaio 1936) che il controllo sui programmi dell'EIAR fosse di competenza del Ministero Stampa e Propaganda.
Gli abbonati crebbero rapidamente nella seconda meta' degli anni '30 sino a raggiungere l'ambito traguardo di unmilione nel 1938. Nel frattempo l'EIAR assunse nuove dimensioni aziendali ed operative. Nel dicembre 1936 venne inaugurato a Roma il Centro di Formazione Artistica e Tecnica del personale addetto all'esercizio delle radiodiffusioni (radiocronisti, soggettisti, registi, annunciatori, radiofono montatori, ecc). Nel corso dell'anno successivo giunse a compimento un vasto piano di potenziamento degli impianti: vennero realizzati nuovi collegamenti in cavo fra diverse stazioni, fu ultimata a Roma-Prato-Smeraldo l'installazione di una nuova antenna direttiva, orientata verso gli Stati Uniti, che quadruplicava la potenzialita' di ricezione in America dei programmi italiani in Onda Corta.; ebbero inizio le trasmissione del terzo programma mediante un raggruppamento di stazioni (Firenze I, Napoli I, Milano II, Torino II, Genova II, Bari II, Roma III); entro' in servizio la stazione EIAR ad onde ultra corte installata a Roma-Monte Mario (che ospitava pure il trasmettitore audio della stazione sperimentale di televisione) e venne infine attivata la stazione radiofonica di Napoli II, a cui avrebbero fatto seguito, nel 1938, quelle di MilanoIII, Ancona, Torino IV e Catania. Anche il palinsesto delle trasmissioni venne migliorato con l'offerta di nuovi programmi musicali, di intrattenimento e di informazione.


Ma l'industria del settore stentava a tenere il passo con i progressi raggiunti via via nell'organizzazione dei servizi radiofonici. Il tentativo di realizzare un apparecchio particolarmente economico, il RADIOBALILLA non aveva avuto molto successo; d'altro canto i rigidi vincoli imposti dalla politica autarchica, determinando l'utilizzazione di materiale scadente, finirono per annullare i perfezionamenti conseguiti nella progettazione tecnica. In ogni caso tutta una serie di attivita' promozionali contribuirono ad increnmentare la vendita degli apparecchi, ed il numero degli abbonati. Tuttavia le principali aziende italiane (Ansaldo Lorenz, Marelli, Siti, Allocchio Bacchini, CGE), pur ampliando il loro raggio d'azione, nonn riuscirono ad affrancarsi del tutto dalla Telefunken e dalla Philips, in un ambito di mercato che rimase peraltro piuttosto ridotto rispetto agli standard medi di altri paesi europei.
Piu' che la fugace fase di ripresa economica manifestatasi nell'ultimo scorcio degli anno '30, che coincise con una certa espansione dei consumi, fu il convulso periodo della guerra ad aprire la strada a una diffusione di massa del mezzo radiofonico. Le notizie dal fronte e i bollettini militari, seguiti con trepidazione dalla gente, moltiplicarono notevolmente l'ascolto della radio: nel 1942 si contavano due milioni di utenti, serviti da 34 stazioni ad Onde Medie per una potenza complessiva di 850 kW, e da 9 stazioni ad Onde Corte per una potenza globale di 431 kW. Gran parte di questi impianti andarono distrutti nel corso del conflitto; ma gia' nel maggio del 1945 entro' in funzione un nuovo trasmettitore da 100 kW che consenti' alla RAI-Radioaudizioni Italia (questa la nuova denominazione assunta dalla vecchia EIAR nel dicembre di quell'anno, quando si ricostitui' l'unita' dell'Azienda sotto la presidenza di Carlo Arturo Jemolo) di riprendere le trasmissioni in tutto il territorio nazionale attraverso due distinte reti. Nel 1948, completata l'opera di ricostruzione, entro' in funzione a Milano, presso la Torre nel Parco, anche la prima stazione sperimentale di radiodiffusione a modulazione di frequenza. Su queste basi vennero inaugurate nell'ottobre del 1950 le trasmissioni del Terzo Programma a prevalente impronta culturale, diffusa attraverso la nuova rete di stazioni a Modulazione di Ffrequenza piu' tre trasmettitori ad OndaCorta. Per il resto venne confermata la natura pubblica del servizio radiofonico e, di conseguenza, anche il regime di monopolio: il 26 gennaio 1952 il Governo concesse infatti alla RAI (presieduta dall'agosto 1946 da Giuseppe Spataro) i servizi in esclusiva fino al 15 dicembre 1972 delle radioaudizioni circolari, oltre a quelli di televisione circolare e di telediffusione su filo. La convenzione prevedeva pure il trasferimento IRI della maggioranza assoluta delle azioni RAI, rimasta fino ad allora in possesso alla SIP.
Alla conferma del precedente assetto istituzionale e al cambiamento della struttura proprietaria segui' un vaso programma di perfezionamento degli impianti esistenti e di costruzione di nuove attrezzature. Ma l'iniziativa piu' importante fu senz'altro la realizzazione nell'aprile 1952 del Centro di Produzione di corso Sempione a Milano, dotato di 23 auditori radiofonici e di due studi televisivi ed un trasmettitore televisivo. Fu cosi' possibile inaugurare, in occasione della Fiera Campionaria, le prime trasmissioni televisive sperimentali ed un primo collegamento televisivo con fonti amicroonde tra Milano e Torino. L'anno dopo fu la volta di Roma dove vennero attivati il trasmettitore televisivo di Monte Mario e lo studio televisivo di via Asiago.


Dalla meta' degli anni '50 si apri' pertanto un capitolo nuovo nella storia del settore. In verita', gia' alla vigilia della guerra il fenomeno televisivo aveva cominciato ad assumere una certa consistenza anche nel nostro paese, a giudicare almeno dai progressi compiuti dalla sperimentazione industriale per iniziativa soprattutto della SAFAR (che fin dalla meta' degli anni '30 aveva realizzato un impianto completo di trasmissione e ricezione con tubi a raggi catodici) e della Magneti Marelli (che nel 1939 s'era aggiudicata l'appalto dgli esperimenti effettuati a Milano dal trasmettitore installato presso la Torre del Parco). Ma poi la guerra e le difficolta' economiche del periodo post-bellico avevano decretato la sospensione di ogni attivita', compresa quella sperimentale. Soltanto nel gennaio 1954 venne inaugurato il primo servizio regolare di televisione in Italia: le trasmissioni furono irradiate attraverso una rete VHF costituita dai trasmettitori di Torino-Eremo, Milano-Monte Penice, Portofino, Monte Serra, Monte Pellia, Roma-Monte Mario.
Il successivo 11 aprile, con deliberazione della'Assemblea straordinaria degli azionisti, la Societa' assunse la denominazione RAI - Radiotelevisione Italiana.